La discesa dal mottarone 2007
(Luca C.)
È difficile raccontare le sensazioni, i pensieri, che si provano scendendo in bici dal Mottarone dopo l’annuale cronoscalata. Siamo oltre la metà di settembre. Non è ancora autunno, ma in questa discesa si vive come un lento discendere , non solo dai 1400 metri della vetta alla bellissima Stresa, ma più propriamente dall’ alta stagione delle imprese ciclistiche all’autunno: alla stagione dei giri più moderati, quando però le gambe hanno ancora l’esuberanza la voglia e la forma dell’estate. È qualcosa che scendendo in auto credo non si possa capire fino in fondo. . . E vorrei che non finissero mai questi 20 chilometri in discesa!
Questo anno purtroppo all’appuntamento col Mottarone ci sono arrivato a fatica. Dopo gli anni 2005 e 2006 in cui sono riuscito a macinare da gennaio a dicembre 4000 chilometri migliorando sempre i miei tempi sulle salite della bergamasca e del triangolo lariano; il 2007 è stato un anno segnato da una notevole fatica. Nelle grandi salite ho visto solo peggioramenti. La stagione non è partita sotto buoni auspici; infatti, a marzo, proprio in primavera, ho dovuto sopportare un mese di riposo forzato, nell’attesa che tutti gli esami clinici a 360° stabilissero quale fosse la causa dei miei problemi respiratori e della stanchezza che mi arrivava addosso anche solo facendo due piani di scale. Alla fine sembrò che la colpa fosse dello smog milanese e probabilmente anche di un periodo di stress il quale ha contribuito al malessere generale. Il cardiologo mi disse addirittura che aver sospeso cautelativamente le uscite sportive in Brianza è stato più un male che un bene. Quelle che avrei dovuto sospendere sarebbero state le uscite quotidiane casa-lavoro nel traffico di Milano. Ma tant’è… alla fine niente di grave in vista; ma soprattutto mi sono ritrovato in tasca la certezza che avrei potuto dedicarmi serenamente, e col solito impegno, al ciclismo e alle salite come negli anni precedenti.
Resta il fatto che è stata una stagione in cui ho dovuto gestire l’esperienza non certo esaltante di veder peggiorare quasi tutti i miei personal best ; anche se lo spirito iniziale era quello di accontentarsi già solo di poter continuare a correre in bici.
Dopo questa estate non certo brillante (ma agli inizi di settembre la forma era piuttosto buona) arriva il giorno del Mottarone. È una bella giornata di sole che garantisce certezze. Al ritrovo al Lido di Carciano e durante il riscaldamento, ho dunque i miei problemi di respirazione e la pessima stagione dei quali lamentarmi con gli altri. Ma so già che dal punto di vista clinico-atletico “verbale” sarò in buona compagnia: infatti alla partenza stanno tutti male. Tutti sono venuti solo per onorare l’impegno, perché: « è un peccato restare a casa », ma poi… Vanno tutti come dei treni!
Ed eccoci alla gara!
Devo dire che la gara di quest’anno, a livello personale, mi ha davvero esaltato. Le emozioni positive che ho provato sono qualcosa di cui voglio tener vivo il ricordo e la volontà di ritrovarle. Ed è sostanzialmente per raccontare queste emozioni il motivo per cui ti scrivo Alberto; per ringraziarti quale organizzatore della gara.
La cosa che per me è stata particolarmente bella in questa edizione 2007, è il fatto che ho corso durante le fasi cruciali della scalata, praticamente insieme e contro (fianco a fianco) a due avversari di tutto rispetto. Negli anni precedenti ho sempre scalato il Mottarone come un lupo solitario nel bosco. Vale a dire che nei primi 500 metri vedevo sparire davanti a me tutti quelli più forti; nella frazione prima di Fontana Levo lasciavo dietro tutti quelli più lenti, e chi s’è visto s’è visto… Pedalavo solitario nel bosco senza altri stimoli che non fossero quelli dei tempi intermedi.
Quest’anno invece è stato ben diverso. Ad essere sincero, parlandone con amici, ho sempre sostenuto che la nostra cronoscalata non si può propriamente definire una “crono”, perché manca quella caratteristica essenziale di una prova a cronometro, cioè la solitudine dell’atleta con sé stesso e il proprio limite fisico, senza il condizionamento diretto della prestazione dell’avversario. Ma visto che le mie passate edizioni del Mottarone sono state in fin dei conti, per me, delle vere “crono” (solitarie nel bosco) e come si è già capito avrei preferito il contrario, ora penso che la gara è bella così com’è, e non vorrei mai che diventasse una vera crono .
La partenza non è male. C’è da divertirsi: c’è sempre chi corre come se si trattasse dei 100 metri finali! Sulle prime sembra la solita scena, con il gruppo dei forti che sparisce dietro le curve. Quest’anno, a differenza dell’anno scorso, mi sono prefissato di non andare assolutamente fuori soglia per tutti i primi 6 chilometri . Quando però vedo che col mio passo mi avvicino, raggiungo e stacco, Andreone Quartiroli e il mitico Luca Zoli che stanno salendo assieme, devo riconoscere che l’umore sale notevolmente; anzi: oserei dire che “pedala davanti a me”! Anche se farò una pessima prova, penso, sarà già una grande soddisfazione essere stato davanti a loro due anche solo per qualche momento della gara. Infatti devi sapere Alberto, che “l’ordine di scuderia” per me non è vincere, ma arrivare davanti al Quartiroli. Cosa mai successa prima d’oggi.
E così, con questo passo moderatamente speranzoso, recupero anche un gruppo di tre persone mentre sono sul lungo rettilineo dal quale si vede il bivio dell’Alpino.
Pedaliamo attaccati sostenendo l’andatura; e sono quasi certo che ognuno di noi pensa, così facendo, di portare gli altri a presentarsi davanti a quell’odioso strappo di 100 metri che attende dietro la curva, in condizioni non ottimali per affrontarlo. Proprio mentre siamo su quello strappo, ecco Luca Zoli che spunta da non si sa dove e ci dà un ventina di metri lasciandoci appena il tempo di rendercene conto. Ed io penso: « È stato troppo gentile. Quando saremo al ristorante lo devo ringraziare. Mi ha regalato dei momenti esaltanti facendomi vedere per quasi 4 chilometri che ero io ad essere davanti a lui ».
Già mezzo chilometro prima del pedaggio, due avversari rimangono indietro e mi ritrovo insieme ad un giovane davvero determinato (a tirarmi il collo!). Insieme a lui, subito dopo il breve tratto in discesa, recuperiamo Luca Zoli.
Si procede così: in tre, affiancati, in silenzio, per tutto il terribile tratto finale.
Tutti quelli sulla strada incitano Zoli: « Dai Luca! Dai! » ed io penso che valgono anche per me! Anzi, valgono per tre, visto che il giovane che io non conosco è Luca Toselli.
Dopo il chilometro 17.5, il tratto con la pendenza massima, anche se sono già da tempo 10 battiti oltre la soglia , provo ad aumentare un po’ l’andatura, però gli altri due tengono il passo. Ma dopo, credo 200 metri da quando ho interrotto quel tentativo, ecco che mi trovo con un crampo da sciogliere al polpaccio sinistro. Devo “rientrare”, devo rallentare, e mi rattristo. Mi sto preparando a salutare gli altri due Luca che se ne andranno. Ma non succede. Non so se abbiano anche loro qualcosa (ovviamente non si parla), ma si continua a procedere tutti e tre assieme.
Dopo l’ultimo bivio, a 1200 metri dalla vetta, Luca Toselli, “il giovane”, in 10 pedalate ci stacca di circa 7/8 metri. Zoli lascia fare; io da parte mia sono già contento che il crampo non mi abbia fermato. Ma dopo un po’, lentamente, aumentiamo l’andatura e recuperiamo l’altro Luca.
Non sembra vero: siamo ancora tutti e tre affiancati. Solo che ora abbiamo il traguardo a meno di 100 metri . Ed è follia pura: nessuno cede. Si parte senza guardarsi per una volata esaltante di circa 20 metri !
Traguardo tagliato. Fiato da recuperare. Pedalata che non si riesce a interrompere subito… La cosa più bella è vedere Zoli provato quanto me, sapere che non è “andato a spasso”, che ha provato a mettere la sua ruota davanti… E ringraziarsi l’un l’altro!
Vorrei un Mottarone sempre così. Con degli avversari che ti costringono a tirare fuori tutto quello che puoi, e forse di più. Vorrei sempre delle persone che fanno di tutto per batterti, e che ti fanno venir voglia di provare a batterli. Perché l’importante è vincere!
Solo dopo, davanti alla polenta, si potrà dire che l’importante è, non “ partecipare ”, ma “ aver partecipato ” .
È difficile scendere dal Mottarone, non per la discesa in sè: l’ultima cosa a cui penso scendendo sono le traiettorie migliori; è sufficiente che siano traiettorie prudenti.
Penso a molte cose… Ma soprattutto a cosa è per me il ciclismo, che posto ha nella mia vita …
È difficile scendere dal Mottarone, vorrei rimanere su. Sulla vetta di quella che – nel cuore – è, e rimarrà sempre, la “Cima Coppi” dell’intera stagione.