Storia e Spirito

Il Mottarone (1491m s.l.m.) si erge, solitaria massa di granito levigata dai ghiacciai del Quaternario, a dividere il Lago d’Orta (a Ovest) dal Lago Maggiore (a Est).

La “montagna dei milanesi” (per l’agevole raggiungibilità dalla metropoli lombarda), che ospita sulla vetta gli impianti di risalita della omonima stazione sciistica, è raggiunta, sul versante Sud Ovest, da una strada provinciale proveniente da Armeno e, sul versante Est, da una strada privata proveniente da Gignese.

Proprio sul versante Est si sviluppa un nastro di asfalto di 19,9 km (1230 m di dislivello positivo) che si fa largo fra foreste di conifere e panorami mozzafiato.

Qui, un gruppo di amici si ritrova periodicamente (nei dintorni dell’equinozio di autunno) per misurarsi il tempo di ascesa in una faticosissima “cronoscalata“.

La tradizione inizia nel 1999 grazie a un drappello di amici quarantenni.

Nel corso degli anni, lo sparuto gruppo di ex-ragazzi si trasforma in una moltitudine di arzilli vecchietti affiancati da figli e amici dei figli.

La salita è veramente difficile perché concentra i tratti più duri (pendenze 10-11%) nel finale, quando le energie stanno per finire.

La partenza è da Baveno. La strada attraversa nell’ordine i paesi di Loita, Campino, Someraro, Levo. Sfiora nell’ordine i paesi di Vezzo, Gignese, Alpino, per poi immergersi nel parco privato Borromeo e sbucare quasi in vetta alla montagna.

L’arrivo è a quota 1437, al cartello “Benvenuti al Mottarone”, subito prima del parcheggio autovetture.

Lo spirito della sfida non è battere gli altri, ma battere se stessi.

Certo, è una gara contro il tempo, ma non quello cronometrico, bensì quello ritmato dalle stagioni che passano.

La finalità è quella di attestare, proclamare, sbandierare, un’età fisica di gran lunga inferiore a quella anagrafica. In altre parole, il sogno è quello, illusorio, dell’eterna giovinezza.

Perchè non c’è nulla di più fastidioso della consapevolezza del proprio decadimento fisico e, citando Terry Pratchett, “Dentro ogni vecchio, c’è sempre un giovane che si chiede cosa gli sia successo”.

Affrontare questa salita anno dopo anno non è solo una questione di gambe ma anche, e soprattutto, una questione di cuore